L’ormone antimulleriano (AMH) indica la cosiddetta riserva ovarica, ossia il numero di follicoli che la donna ha a disposizione. Misurando la quantità circolante di questo ormone è possibile valutare il livello di fertilità.
COME FUNZIONA L’ESAME DELL’ORMONE ANTIMULLERIANO
Il prelievo può essere effettuato in qualsiasi giorno del mese e non è influenzato dalla fase del ciclo mestruale o da un eventuale gravidanza. L’AMH viene misurato sul siero. Nelle donne è secreto dalle cellule ovariche (follicoli) o cellule del Sertoli durante le prime fasi di sviluppo fetale fino alla menopausa. Le sue concentrazioni sieriche sono elevate nei maschi al di sotto di 2 anni ma diminuiscono progressivamente fino alla pubertà, quando si registra un forte calo.
Al contrario, nelle bambine le concentrazioni di AMH sono basse, crescono dopo la pubertà per stabilizzarsi nelle donne adulte e decrescere in proporzione ai follicoli rimasti (riserva ovarica). Di norma non sono rilevabili nelle donne in menopausa, alla nascita o dopo asportazione delle ovaie. Il decrescere dell’AMH a livelli minimi può essere correlato ad un ridotto numero di follicoli ovarici, mentro una crescita abnorme si correla ad un eccesso di follicoli a stadio maturativo precocissimo, come nella PCOS.
PERCHE’ VALUTARE LA RISERVA OVARICA
Questo esame può essere richiesto da donne in età fertile che sono state sottoposte a chemio o radioterapia, da donne con familiarità di menopausa precoce o da donne che presentano anticorpi anti ovaio che potrebbero portare a menopausa precoce.
Studi effettuati per il trattamento dell’infertilità hanno dimostrato che le donne con più alta concentrazione di ormone antimulleriano hanno una miglior risposta alla stimolazione ovarica e tendono a produrre ovociti più recuperabili rispetto alle donne con bassi o non rilevabili AMH.
L’età della donna rimane uno dei fattori chiave per la valutazione della fertilità.
L’esame dell’ormone antimulleriano è in grado di rilevare delle possibili difficoltà in più rispetto all’età della paziente (valori bassi), ma non vi è alcuna prova che valori alti significhino una maggiore fertilità prevista in base all’età.
Valori molto alti possono inoltre indicare un rischio di iperstimolazione in caso di fecondazione assistita.
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